
Totem e Tabù
Melologo
Sintesi
Per duo acustico carinetti - setup di percussioni, voci registrate e tapes
“PT Totem e Tabù” è un melologo per voci pre-registrate, duo strumentale ed elettronica, ispirato al celebre saggio di Sigmund Freud. Lo spettacolo indaga il rapporto tra uomo, tecnologia e inconscio, intrecciando riflessioni psicoanalitiche, suggestioni sonore e narrazione frammentata.
Il testo drammaturgico nasce dal confronto tra Gianmarco Petrucci e Michele Fontana, composto da citazioni freudiane, flussi di coscienza registrati e dialoghi originali che si intrecciano con paesaggi sonori elettronici e interventi dal vivo di clarinetto e percussioni.
L’elemento pre-registrato – voce e suono – diventa memoria e sogno, mentre l’esecuzione live rappresenta l’azione cosciente e il presente. In questo dialogo, la tecnologia agisce come proiezione dell’inconscio soggettivo e collettivo, dando vita a un racconto che è al tempo stesso concerto, indagine psichica e rito contemporaneo.
Programma:
Kevin Volans: Asanga (estratti) / Gianmarco Petrucci: Tibet 7'
Javier Alvarez: Temazcal 8'
Anna Clyne: Rapture 8’
Michio Kitazume: Side By Side / Zeno Baldi: Kinzugi 8'
Christopher Cerrone: Liminal Highway 15’
Cay Cangelosi: Wicca / Gianmarco Petrucci: Alog 11'
_________________________________________________________________________________
Libretto
Autore: Michele Fontana
Supervisione: Gianmarco Petrucci
Personaggi
S. Freud: Freud
Protagonista: Persona
Alter ego femminile: Lei
Alter ego maschile: Lui
Œ: Vecchia
CAP 1: L’orrore dell’incesto
Freud: Cos’è il totem? Di solito un animale, un animale commestibile, innocuo, pericoloso o temuto; oppure, più raramente una pianta, un elemento naturale.
_________
Lei: Non dici più nulla?
Lui: Ho paura di aver detto anche troppo.
Lei: Sei stato zitto sempre…
Lui: Ci fai mai caso che quando ti ostini a voler ragionare con la tua testa perdi il contatto con la realtà?
Lei: Non cambiare argomento.
Lui: Sono stanco, possibile che non te ne rendi conto?
Lei: Ma lo capisci che praticamente non esisti?
Lui: Tu invece?
Lei: Io almeno le parlo.
Lui: E ottieni?
Persona: ha ragione lei. Lui subito sulla difensiva… io ho capito cosa voleva dirgli. Poi lui saccente, come fai a discutere con uno così? Se la incontro magari glielo dico, non puoi perderci tempo. È tempo perso. Non si può perdere tutto quel tempo. Non lo recuperi più, neanche volendo. A parlare del nulla.
Persona: Magari erano quei due alla fermata, non pensavo fosse così antipatica, stavano vicini. Lei si guardava le scarpe, lui qualcos’altro. Altre forme di nulla.
Persona: Forse dovrei diventare loro amica.
_________
Lei: Io da sola ho ottenuto molto, tu invece?
Lui: Io no, non ho ottenuto mai nulla.
Lei: Così intanto fai la bella vita…
Lui: Questa discussione va da qualche parte?
Lei: Non ci provare.
Lui: A far cosa?
Lei: Fuggire.
Lui: Sono stanco, dimmi cosa vuoi che ti dica e la finiamo.
Lei: Di’ qualsiasi cosa.
Lui: Già lo sai
(silenzio)
Lei: Lo temo?
Lui: Ne sei terrorizzata.
Lei: Come può una sola parola terrorizzarmi, io che ho ottenuto molto e con coraggio?
Lui: Stai tremando.
Lei: Ora mi confondi con pronunce vaghe e appuntite, mentre pochi istanti fa già sentivo la vittoria.
Lui: Se ne sta accorgendo anche lei.
_________
Persona: molte persone sulla strada, mi intralciano. Impediscono movimenti basilari, alzare una mano, dirigermi a passo sicuro verso un luogo premeditato, mi confondono. E pare emanino un cattivo odore, scomodi vestiti e brutti capelli, occhiali unti e scarpe consumate. Il mio aspetto li disturba. Non riesco a evitarne lo scontro. Eppure questa è una città moderna, ha ampi palazzi e alti ripetitori, e in ogni piazza si ascolta la musica elettronica. Perché allora di tutta questa gente materica, collerica, colerica?
_________
Persona: Mi guardi e sospendi, ondeggi tra parola e la fuga, e forse più saggia è la fuga ma è in mio desiderio sentirti parlare.
Lui: Vedi? Ci sei riuscita, ci hai finalmente condotti al punto in cui pare per me impossibile dire e per te ascoltare.
Lei: Hai parlato, ora fuggi, dimentica. Di ciò che hai detto rimarrà il nulla, altre forme di nulla.
Lui: chi potrà ora dire se a parlare in te è ferocia o pietà, e se provi o no vero dolore nel voler darci dolore?
_________
Persona: Quanto batte, ostina… la scia di un sogno trascorso, interrotto. Da giorni ostina e trascorre, si infittisce nella mente, non posso più pensare a nulla, al nulla. Per anni coltivi indifferenza, e poi basta un sogno. C’era in lui credo, cambiato. Una porta interrotta. La gente fagocita nuove forme di nulla, crostacei agli scogli. E poi lui non ricordo chi era, non era la gente. Parla pronunce vaghe e appuntite. E quanto batte e bussa e pervade! La mente, le membra, fugge. Gli conviene fuggire in selciati roventi e città di cemento, ampi palazzi, alti ripetitori, materiche genti. Raccontava un giorno una storia di tavoli d’avorio e vini di quando non sapevi il sapore del vino.
Cap. 2: Il tabù e l’ambivalenza emotiva
Freud: La punizione per la trasgressione di tabù è affidata a una disposizione interiore che opera in maniera automatica, il tabù violato si vendica da sé.
_________
Lei: Pulisciti gli occhiali
Cambiati le scarpe
Non ti distrarre
Cammina diritta
_________
Persona:
Persone vagano spostando nel vuoto ammassi d’aria e ragazzi come non sentissero sotto le suole il selciato trascorso accumulando calore sulla città di cemento che fa ampi i palazzi e alti ripetitori forse guardano forme recenti di impossibile nulla in direzioni confuse sopra accanto gli sguardi si intrecciano a strascico e mi fuggono come forse due occhi ridenti assolati e subito coperti da flotte di gente due occhi sorvolavano alti ripetitori e ampi palazzi al di sopra di tutti tra me e pleniluni deserti di nubi ferrose che fissano e mi leggono dentro lo sguardo impossibile nulla tremando di inconfessabile errore epifanico nel fuggire forse il recondito da pareti imbiancate e le porte assolate di una domenica calda di luglio dal lato opposto della banchina che guarda smeraldo infinito ripugno di trasgressione fugace e irreversibile cura ossessiva osserva smeraldi che osservano guardandomi con aria di sfida mansueta e divertita dal fianco destro di un ampio palazzo di alti ripetitori a corrente alternata invisibili reti di energie sciamaniche in trasgressioni represse di sabbia e vetri lucenti non abbassando lo sguardo per finta ricamati e materici di androgino verde smeraldo che batte e ostina la vista costringendo all’esilio in oscure rientranze di pulsioni infantili interrotte lanciando dietro di sé nuove forme di nulla redentrici accusano e dichiarano la carcassa incandescente di un mostro smeraldo e orrore inconfessabile di sguardi consumati per sbaglio e distrazione in giornate assolate di luglio tra i variabili influssi di un’esistenza a corrente alternata e mantenemmo forse lo sguardo per ore di giorni e minuti sul passaggio di maree e correnti ascensionali per moti astrali di sole e alte stelle da cui vedemmo la notte creare il giorno senza che noi mutassimo d’aspetto nel lasciar passar forse il tempo di far finta di non essere contente in questo vuoto condiviso da smeraldi interrotti e ripetitori alternati tra flotte di gente confusa e allucinata di occhiali unti e scarpe consumate per la fretta di occludersi alle anguste croste di perverso crostaceo nel convertirsi alla fobia del contatto impossibili tremolanti creature di verde smeraldo esiliate in recessi cavernicoli e primordi millenari e rinchiudervi forse due occhi fuggitivi in due teche per finta ricamate di materia collerica a corrente alternata per abbandonarli all’irreversibile abbandono per ore di giorni e minuti ed ere di vita eseguita nell’oblio del rimpianto di non essersi forse concessi sul limitar di una porta interrotta un ultimo sguardo in un ultimo amplesso di inconfessabile barbarie e raccapricciante dolcezza
_________
CAP 3: Animismo, magia e onnipotenza dei pensieri
Freud: Gli uomini e le donne confusero l'ordine delle loro idee con l'ordine della natura, e quindi immaginarono che il controllo che hanno, o che sembrano avere, sui loro pensieri, permettesse loro di esercitare un controllo corrispondente sulle cose.
Lui: Hai un colore preferito?
Persona: Il rosa.
Lui: Che tipo di rosa?
Persona: Rosa e basta.
Lui: Capisco.
Persona: Perché lo chiedi? dovresti saperlo.
Lui: Vorresti chiedermi tu qualcosa?
Persona: Forse una cosa la sento… è come una massa scura, tremolante, quasi un desiderio.
Lui: Desiderio di cercare qualcosa?
Persona: Desiderio di non trovarci nulla.
Lui: Vorresti riconnetterti al nulla.
Persona: È come una scia che attrae ogni pensiero, qualcuno l’ho lasciata, contamina tutto.
Lui: Potresti risalirla.
Persona: Dovrei dimenticarla, ricominciare da capo. Tornare ad abitare un cubo bianco.
Lui: Eppure ancora non hai cancellato me, qual è il tuo colore preferito?
Persona: Il bianco.
Lui: Che tipo di bianco?
Persona: Il bianco senza nulla.
Lui: Ma esistono in te varie forme di nulla.
Œ: Temi i pensieri, e la loro onnipotenza.
Persona: Non soffro pensieri.
Œ: Ricusali!
Persona: Se volessi saprei controllarli?
Œ: Non ne sei mai stata capace.
Persona: E allora?
Œ: Allora ritorna al tuo nulla, ne costruirò per te nuove forme in cui potrai languire e brillare, foglia di lago.
Persona: Lo rimpiangerò?
Œ: Io non l’ho mai fatto.
Persona: Io non sono come te.
Œ: Odiavi il meccanismo perverso del tuo cervello, come si incastrava su un pensiero e finiva per soffocare
Persona: Quale pensiero?
Œ: L’hai dimenticato? Una porta interrotta, ampi palazzi…
Persona: (interrompendola) Non ricordo nulla.
Œ: Ne ricordi il colore.
Persona: Lo temo?
Œ: Ne sei terrorizzata!
Persona: Sei stato tu a farmi questo?
Lui: Sei stata tu a lasciarmelo fare.
Persona: Credo di aver visto una forma, l’ho dimenticata.
Lui: Non importa, tanto rimane.
Persona: “Dal nulla nasce nulla”.
Lui: È questo che temi?
Persona: “Dal nulla nasce nulla”.
Lui: Il tuo miglior esame, passavi le notti a studiare, dedizione degna di un’innamorata.
Persona: Mi stai per chiedere se lo amavo davvero?
Lui: Non ne ho bisogno.
Persona: Più che una forma ho visto un colore.
Lui: Uno smeraldo.
Persona: Perché l’hai detto?
Lui: Davvero credi possa succedere qualcosa di terribile, soltanto pensandolo?
Persona: Non voglio pensarlo.
Lui: Come può la certezza che una cosa sia tale renderla tale?
Persona: Basta!
Lui: Non è questo che ti attrae? Perché ti ostini a resistergli?
Persona: Perché continui a farmi domande??
Lui: Non saprei, ho la sensazione di essere un personaggio un po’ vago, evanescente, mal situato… vedremo.
Persona: Se tu ora scomparissi, così, nel nulla, cosa mi succederebbe?
Lei: Io non posso scomparire, hai troppo bisogno di me
Persona: Forse ultimamente ti ho troppo ascoltata, ho la testa sommersa
Lei: Pensi sia questo?
Persona: Non penso a niente
Lei: Ma il tuo è tono d’accusa
Persona: C’è qualcosa di strano in questo periodo, che non c’era mai stato…
Lei: Sto aspettando
Persona: Sei stata tu a mettere in dubbio la mia pace.
Lei: Vedi? ancora una volta hai provato a ragionare con la tua testa e non hai capito nulla.
Persona: É colpa delle tue parole se io ora avverto qualcosa, intuisco l’ombra di un nodo, un paradosso, dove prima c’era soltanto nulla.
Lei: Le mie parole sono il nulla.
Persona: No, non ti credo.
Lei: Dimmi, quale grande verità ti avrei mai rivelato? Cammina diritta? Pulisciti gli occhiali? Cambiati le scarpe? Sono queste le rivelazioni che ti hanno condotta a questo punto?
Persona: Ma qual è questo punto?
Lei: È il punto in cui è per me impossibile dire e per te ascoltare.
Persona: E allora che ne è stato?
Lei: Ci passi molto tempo ultimamente… e non certo parlando di scarpe.
Lei: Com’è andato l’esame?
Persona: Sapevo tutto, credo che prenderò il massimo.
Lei: Hai controllato di non esserti confusa con le date? Ieri le avevi invertite.
Persona: Sì, ho ricontrollato apposta, ho fatto un buon lavoro.
Lei: Bene, adesso cosa fai?
Persona: Devo andare in biblioteca a prendere nuovi libri, il prossimo esame dev’essere perfetto.
Lei: Devi dormire di più, hai troppe distrazioni.
Persona: Questa mattina mi sono svegliata molto stanca.
Lei: Perché vai a letto tardi.
Persona: No, è che ultimamente faccio strani sogni.
Lei: Non vale la pena starci a pensare, quelli non significano nulla.
Persona: Ho altro a cui pensare.
Lei: Cose più importanti.
Persona: Il mio futuro.
Lei: Non puoi perdere tempo a pensare al nulla.
Persona: È tempo perso.
Lei: Non lo recuperi più.
Persona: Neanche volendo.
_______
Cap 4: Il ritorno del totemismo nei bambini
Freud: Non esistono leggi che ordinino all'uomo di mangiare e di bere o che proibiscano di mettere le mani sul fuoco. Gli uomini mangiano e bevono e tengono le mani lontane dal fuoco per istinto, per paura delle pene naturali, che si attirerebbero facendo violenza a questi istinti. La legge vieta agli uomini solo ciò cui sarebbero indotti dai loro istinti.
Persona:
Ieri ho ripensato al lago. Non so per quale motivo, l’ho soltanto intuito. Attraversavo la strada e mi è ritornato tutto alla mente. L’odore di terra, toccare le barche legate, il verde delle acque profonde. Era ormai consentito affondare i piedi nel fondale fangoso. E poi funi coperte da alghe assecondare le correnti.
E allora perché di quei due occhi verde smeraldo, che dalla fermata miravano i miei? Perché si sottraevano al controllo dell’alto ripetitore a corrente alternata? In quella giornata condividemmo lo sguardo, tra fiumi gente scomposta vedemmo la notte creare il giorno senza che noi mutassimo d’aspetto.
Le funi non si possono toccare, sembrano serpenti. Anche il colore assomiglia, come un mamba verde. Mio padre dice che è il serpente più velenoso al mondo, e poi l’abbiamo visto in una teca e languiva, brillava. Non penso sia vero, la gente lo saprebbe, però è docile e mi fissa ipnotico, non distolgo lo sguardo.
Nei rari istanti in cui diradava la folla lo sguardo riesce a correre fino alla fermata, si poteva addirittura vedere il punto in cui il ripetitore penetra perpendicolarmente l’asfalto per lanciarsi violento verso il cielo edificato. Sembra ora quasi che la masnada tutta nei suoi movimenti scomposti subisca il controllo dell’oggetto totemico.
Il centro del lago ha lo stesso colore, eppure è ancora fatto d’acqua. Forse nuotandoci in mezzo, ma è inopportuno avvicinarsi, forse vietato. Dev’esserci sotto qualcosa che brilla smeraldo, penetrando le trasparenze inanimate, sabbia o vetri lucenti.
Il selciato era rovente, ogni pietra accumula calore e lo riversa sul cemento. La gente lo percorre spostandosi l’un l’altro, sgomitando, argomentando. Ognuno talmente preso dai propri affari da non accorgersi di me, e io li guarda tutti, forse per gioco, nessuno alza lo sguardo. Gli guardavo le scarpe costose, gli occhiali, i gioielli.
Tutto nell’acqua si risveglia tremolante, come una massa scura, ombra di un nodo. Avrei potuto immergermi e penetrare quei recessi cavernicoli, non ho osato pensarlo. Preferisco pensare alla storia dei tavoli d’avorio, e vini di quando non sapevi il sapore del vino. E quanta gente partecipe al banchetto, mi accolgono. Si brinda un nuovo accolito.
Era uscita di palazzo prima del solito, mi sentivo sollevata, e non era successo nulla. La testa libera di seguire gli influssi variabili dell’esistenza. “Influssi variabili dell’esistenza” è un’espressione bellissima. Racchiude tutto senza dire nulla. Non parla, fluttua. Assenza cosmica. Esplorazione del bianco. Mi richiusi la porta alle spalle.
________________________________________________________